Memorie di guerra

Il Teatro del Soldato durante la Grande Guerra

Il Teatro del Soldato nella Prima guerra mondiale

Il Teatro del Soldato fu una preziosa iniziativa organizzata dal Regio Esercito italiano. Tale progetto si rivelò un valido sistema per ricondurre i combattenti alle abitudini civili, perse durante il conflitto del 1915-1918.

La sua introduzione avvenne nell’estate 1915, agli albori della Grande Guerra, con una serie di spettacoli ripetuti per tutto l’arco temporale del conflitto. A fruirne furono le truppe assediate nei ricoveri durante la difesa del territorio; soldati costretti all’immobilità per lunghi periodi in sgangherate baracche o trincee, sepolti come topi ed esposti a contatto con la morte.

Precise testimonianze sulle loro precarie condizioni di vita sono state documentate in molte pubblicazioni, estratte, a loro volta, dalle pagine dei diari di trincea oppure dalla corrispondenza militare.

Tra le divulgazioni uscite sui quotidiani dell’epoca vi sono quelle del giornalista Baccio Bacci, il quale riporta ne “La Lettura” (rivista mensile del Corriere della Sera) toccanti considerazioni:

“Uomini che vivono immersi in un’atmosfera di tragedia sempre più grande e crudele, si disabituano alla vita normale, si scostano dal mondo e talvolta sì bruscamente che le ricordanze serene e quiete non sanno riavvicinarveli.[…]

La battaglia offusca la mente, togliendo la possibilità di sapere, di vedere, di sentire e la lenta agonia della trincea, dinanzi alla quale si appiattano, simili a spettri, dubbi angosciosi, stordisce il soldato.”

Anche l’ambiente delle retrovie fu ampiamente descritto nei racconti dei militari; questo ambiente era composto non solo dal tradizionale apparato logistico (magazzino o rifornimento viveri), ma anche da servizi studiati per risollevare il morale dei combattenti.

Fondazione del Teatro del Soldato e dei circoli ricreativi

L’istituzione delle prime Case del Soldato al Fronte è attribuita a padre Giovanni Minozzi, cappellano militare, che dedicò tempo e sacrificio all’impresa.

Militari alla Casa del Soldato di Schio

Obiettivo della Casa del Soldato era distogliere dall’alcool e dai postriboli i militari, attraverso un congedo provvisorio (turni di riposo variabili tra 15 e 30 giorni) che permetteva loro di usufruire di svariate tipologie di servizi.

L’intento di padre Giovanni Minozzi era allestire spettacoli teatrali, audizioni musicali e impartire corsi di scrittura agli analfabeti.

Don Minozzi riuscì nello scopo, ma ricevette i primi apprezzamenti dal Comando Supremo soltanto nell’agosto 1916 e, nel dicembre dello stesso anno, gli fu commissionata la direzione dei circoli sparsi in tutta Italia.

In poco tempo la rete della Casa e Teatro del Soldato s’infittì, grazie anche ai finanziamenti provenienti da privati e da alcune società industriali (prime tra tutte Ansaldo e FIAT, impegnate nella produzione degli armamenti).

Particolare fortuna ebbe la Casa del Soldato di Vicenza che fino al 1918 registrò più di un milione e duecentomila presenze! Un gran numero di uomini frequentò le sue sale di accoglienza, dedicando tempo alla corrispondenza con i propri cari.

Furono inoltre allestiti oltre trecento spettacoli teatrali durante tutto il periodo del conflitto e venne offerta un’infinità di consulenze sanitarie e legali.

L’ambiente era solitamente composto da un ampio salone per la lettura, con buste, carta da lettere, cartoline e altro occorrente per scrivere gratuitamente a disposizione dei frequentatori. Il servizio postale prevedeva una speciale franchigia, per cui, le spese di tutta la corrispondenza proveniente dalla zona di guerra erano a carico del destinatario.

Il repertorio al Teatro del Soldato

Al Teatro del Soldato si proiettarono anche le prime pellicole cinematografiche (in 25 sale del territorio di confine), oltre a vari spettacoli arricchiti con canzoni ed esibizioni di magia.

Molto apprezzate erano pure marionette e burattini costruiti dai soldati in trincea durante i rari momenti di riposo. Chi sapeva fare qualcosa, produceva! E così, nelle retrovie si improvvisavano teatrini a volte modesti, durante i quali si recitavano poesie, canti, canzonette e commediole, dando vita ad un vasto repertorio teatrale disponibile anche nelle città di accoglienza ai combattenti in congedo. Treviso, Vicenza, Padova e Verona divennero quindi piccole “capitali” di ricreazione ed istruzione per i molti soldati in rientro dal fronte.

Militari nelle vesti di attori al Teatro del Soldato
Militari al fronte improvvisati attori per il Teatro del Soldato

L’esempio della Casa del Soldato a Vicenza

Esiste un’ampia documentazione sui successi e fallimenti dell’istituzione vicentina, ed è raccolta in un manoscritto. Grazie ad esso è stato infatti possibile tracciare entrate e uscite economiche della Casa, che fu la prima struttura qualificata in Italia ottenuta con il consenso della Chiesa e del Comando Supremo Militare.

Portavoce e sostenitore della proposta fu il Vescovo Ferdinando Rodolfi, che in un comunicato espresse il suo marcato compiacimento:

“Anche di questi cari figliuoli mi sono occupato nella prima circolare di guerra datata 26 maggio 1915, raccomandando ai parroci di istituire un apposito ufficio di segreteria per la corrispondenza dei soldati; in seguito si sono aperte parecchie Case del Soldato nei locali dei circoli cattolici ed altre opere affini furono da noi istituite e coordinate.”

L’orazione del vescovo influenzò la coscienza cattolica vicentina e in breve tempo sorsero Case e Teatri del Soldato in tutta la provincia, comprese Bassano, Thiene, Schio e Noventa Vicentina (sede del 9° Reparto Mitraglieri – sciolto il 10 marzo 1919).

La Casa del Soldato di Noventa Vicentina
Casa del Soldato del 9° Reparto Mitraglieri a Noventa Vicentina

Altre Case furono improvvisate nella frazione di Anconetta (1918-presso il convalescenziario della Sesta Armata) e a Torri di Quartesolo presso i locali di Villa Clementi già ospedale militare della Quarta Armata.

A Vicenza gli alleati americani insediarono alcuni componenti della Young Men Christian Association (YMCA) nella ex-caserma dei Cavalleggeri, insediata lungo il Viale della Stazione dove oggi si affaccia, su Piazzale De Gasperi, uno storico negozio di giocattoli.

Tale istituzione fu attiva dal novembre 1918 fino all’aprile del 1919.

Ma la Casa del Soldato che registrò maggiore affluenza fu quella presente nei pressi del Ponte San Michele; sede del “Circolo Santo Antonio”, fu inaugurata il 15 luglio 1915, e fu la prima in Italia.

Presieduta da Giacomo Rumor, indiscusso leader cattolico vicentino, la Casa era in grado di fornire tutti i servizi necessari al combattente.
Il comitato era composto dal vice-presidente Cav. Giuseppe Turolla, dal segretario Giovanni Beltrame e da Primo Piovesan che, con il prezioso supporto del parroco dei Servi Don Apollonio Davia, organizzò vari spettacoli e tournée nei Teatri del Soldato al fronte.

Le sue sale di lettura erano sempre gremite di scrittori intenti alla corrispondenza, a tal punto che persino le aree esterne alla struttura vennero attrezzate con tavoli e scrivanie per soddisfare l’ingente arrivo dei soldati.

Verso la fine della guerra e la chiusura dei circoli ricreativi

Inizialmente accudita da preti, chierici e da giovani studenti cattolici, la Casa del Soldato di Vicenza fu meta costante di Padre Minozzi, che giunse in città in diverse occasioni per verificarne il mantenimento e la situazione economica.

La gestione dei fondi e dei finanziamenti era infatti un problema ricorrente, spesso diffuso anche in altre sedi. Pertanto si dovette sopperire alle spese in base ai servizi offerti, ai materiali di consumo e ai suppellettili.

In questo senso, provvidenziali furono i solleciti di Giacomo Rumor ai Reali d’Italia, i quali sovvenzionarono l’opera con generose offerte in denaro: tra tutte, l’importante contributo di Lire 1500 versato da Vittorio Emanuele III, che ricevette in gratitudine, con tutti gli onori previsti, la Bandiera realizzata dalle donne vicentine e benedetta dal Vescovo Rodolfi il 31 agosto 1918.

La Prima guerra mondiale giunse al suo epilogo nel novembre dello stesso anno con la siglatura degli accordi di pace internazionali convenuti tra le parti belligeranti, a Villa Giusti a Padova (3 novembre 1918).

Gradualmente cessarono anche le numerose attività dei contendenti coinvolti nel conflitto internazionale e crebbe il proposito di giungere a una rapida e costante ripresa economica, morale e psicologica. Contemporaneamente, il destino di alcune Case e Teatri del Soldato portò all’abbandono delle strutture, mentre altre vennero convertite in edifici ad uso civile.

A Vicenza l’opera condotta dal comitato cattolico presieduto da Rumor chiuse i battenti il 21 dicembre 1918.

Bibliografia

Giuseppe de Mori, “Vicenza nella guerra 1915 – 1918” Edizioni Tipografiche Rumor, 1931
Emilio Franzina, “Casini di guerra” Gaspari Editore, 1999
Giuseppe Musumeci, “la Grande Guerra nelle retrovie” Edizioni Rossato, 2007


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