Cronache sullo scomparso Arco del Revese
Ci fu un tempo in cui un arco trionfale fungeva da ingresso al Campo Marzo, ma la sua presenza sul viale della stazione ferroviaria sollevò nel 1930 molte accese discussioni tra i conservatori del monumento e coloro che ne contestavano la sua bellezza e importanza storico-artistica.
L’opera protagonista della travagliata storia fu costruita nel lontano 1608 e fu battezzata con il nome di “Arco di Campo Marzo”.
Purtroppo l’Arco andò perduto nel 1938 in concomitanza ai preparativi per la sfilata militare capeggiata da Benito Mussolini e mai più ricostruito.
Origine e descrizione dell’Arco del Revese
Correva l’anno 1608 e Vicenza era ancora sotto il governo della Serenissima Repubblica di Venezia.
Pietro Paolo Battaglia, capitano della città di Vicenza, decise di sostituire il precedente e modesto ingresso al Campo Marzo con un arco trionfale che consentisse un degno passaggio all’area verde.
Affidò la realizzazione del progetto ad Ottavio Bruto Revese, autore di altre importanti opere di architettura, come l’ingresso ai giardini del Teatro Olimpico e l’accesso al palazzo del Territorio costruito su Levà degli Angeli che scomparve sotto i bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale.
Il Revese progettò un maestoso arco in stile dorico, decorato da colonne incassate, a blocchi bugnati rustici, che incorniciavano tre aperture: una grande ad arco reale nel mezzo e due architravate ai lati.
L’arco di trionfo fu eretto all’altezza di Casa Fontana (architetto Ettore Fagiuoli, 1936) oggi sede di un supermercato.
Sulla sommità Ottavio Bruto Revese realizzò un attico racchiuso tra due guglie quadrangolari e nel centro, sulla facciata che guarda a settentrione, pose una lapide che spiegava la presenza dell’arco:
PETRUS PAULUS BATTALEA VICENTIAE PRAEFECTUS
CAMPO MARTIS VETUSTISSIMO AD URBIS SPLENDOREM
ET EXIMII IN CIVES AMORIS PERPETUUM MONIMENTUM
POSUIT ANNO MDCVIII
Sul lato opposto era dipinto un soggetto di architettura che andò perduto in seguito al crollo dell’intonaco.
Nel 1838 vi rimediò l’architetto Bartolomeo Malacarne il quale, durante un accurato restauro della facciata, pose una lapide in ricordo della fiera inaugurata dall’imperatore d’Asburgo Ferdinando I.
Nel 1866 per “celebrare la fine del dominio austriaco di altra infausta memoria” (cfr. Flaminio Anti, L’Arco di Campo Marzo in Vicenza – 1931, pag. 7), la lapide della fiera venne rimossa e al suo posto ne fu collocata una con l’iscrizione dettata da Jacopo Cabianca:
A VITTORIO EMANUELE
RE GALANTUOMO
I VICENTINI LIBERI
RICONOSCENTI
MDCCCLXVI
Trascorsero anni di relativa tranquillità fino a quando, nel 1910, venne introdotta per la prima volta a Vicenza la rete tranviaria, che portò scompiglio nel tessuto urbano.
La scelta del passaggio del tram e la posa dei binari ebbero effetti devastanti in alcune zone della città.
La porta medievale in Corso Padova, ad esempio, venne frettolosamente demolita per permettere un’ampia e agevole viabilità, privando Vicenza di un importante e storico elemento architettonico.
Anche l’arco trionfale di campo Marzo divenne ben presto protagonista di accese polemiche, nonostante la linea tranviaria passasse di lato, senza problemi.
Sin dal primo decennio del XX secolo, infatti, fu avanzata la proposta di “smontare” l’Arco del Revese affinché venisse ricostruito in altro sito, permettendo migliorie al transito dei veicoli lungo il viale che conduce alla stazione ferroviaria.
Cronache di una demolizione annunciata
Durante il periodo fascista la proposta di distruggere l’Arco del Revese assunse toni aggressivi.
Ecco, quindi, una serie di quotidiani dell’epoca farsi portavoce della discutibile iniziativa, creando scompiglio tra i ceti sociali.
Il 22 luglio 1931 comparve su Vedetta Fascista un articolo intitolato “Appello al piccone” del quale riporto uno stralcio:
Facciamo appello al piccone per l’arco – con l’a minuscola – che stà a cavallo di Viale Roma e all’altezza del Savoia (ndr rinomato ristorante dell’epoca), il famigerato arco di origine teutonica e al quale non si è rifatta la verginità anche se l’hanno dedicato a un’idea patriottica.
Il 29 luglio seguente il quotidiano pubblicò:
L’ex monumento austroungarico deve essere completamente tolto alla pubblica visibilità. Essendo un ignobile esemplare di meschinità architettonica e di cattivo gusto non può oltre rimanere a ergersi grossolano e pretenzioso nella città che ha tanta e purissima e splendida arte da distribuire per tutta Italia.
I redattori della Vedetta Fascista tornarono a pubblicare nei giorni 30 e 31 luglio – ed infine giovedì 6 agosto – altri articoli dagli emblematici titoli: “Pezo el tacon…”, “Demolizione” e “L’arco di Campo Marzio”.
Demolizione… Quella mole antiestetica ed ingombrante che mentre da un lato si intitola al Re galantuomo dall’altro rivela la sua origine austroungarica, non deve per molto tempo ancora a rimanere a ostacolare la circolazione e a formare oggetto di idolatria per i pochi ostinati cultori di tutto quanto non ha altro pregio che quello di puzzare d’antico.
Flaminio Anti, Membro della Commissione Conservatrice dei Monumenti e belle arti dal 1899, raccolse altre cronache che poi trascrisse nel 1931 in un libriccino dal titolo: “L’Arco di Campo Marzo in Vicenza”.
In apertura al primo capitolo riportò con disappunto le polemiche sollevate da alcuni diffamatori:
L’arco non ha per noi nessun valore artistico e nessun pregio storico. Non è vero che ogni sasso che abbia più di cinquanta anni debba essere un monumento, demolendo l’arco di viale Roma nulla vi è da perdere, tutto da guadagnare. Piccone, allora!
In risposta alle critiche mosse contro l’Arco del Revese, Flaminio Anti espresse le sue considerazioni:
Nel sentire parlare con tanto furore di distruzione di un cospicuo monumento di carattere eminentemente cittadino e folcloristico, non sarebbe forse cosa utile sapere che cosa ne pensano coloro che tanto fanno perché i forestieri si fermino a visitare i nostri monumenti e quelli pure che tanto apprezzano, e giustamente, il folclore?
Riguardo alla viabilità tranviaria introdotta a Vicenza ed all’incremento del traffico delle vetture:
Ragioni serie per demolire non ve ne sono: si accampano solo puerili pretesti.
Si invocano ragioni di viabilità.Ma forse che a Vicenza sono diventati tutti ciechi? L’Arco è fatto (lo si noti bene) per passare e non per farvi sosta e per questo bastano, ad esuberanza, le sue tre aperture più le altre due ai lati.
L’esperienza ha dimostrato che queste cinque aperture sono più che sufficienti per il passaggio, anche nei pochi e rarissimi casi di grandi affollamenti. (Anti op. cit. – cfr. pag. 8)
Ma Flaminio Anti non fu l’unico difensore dell’arco di Campo Marzo: in suo aiuto intervennero altre illustre personalità con le quali aveva stretto amicizia e collaborazione.
Tra i conservatori del patrimonio storico e culturale vicentino si mossero a tutela dell’Arco anche l’archeologo Giacomo Boni, l’architetto e critico d’arte Camillo Boito, il monsignor Domenico Bortolan, l’ingegnere Vittorio Saccardo e l’industriale Giovanni Peronato.
Nonostante i ripetuti inviti alla riflessione affinché l’Arco del Revese fosse risparmiato dal piccone demolitore, nel 1938, in concomitanza con la parata militare fascista organizzata per la visita a Vicenza del Capo del Governo Benito Mussolini, si procedette alla numerazione di ogni blocco e infine alla demolizione.
I resti furono depositati sull’area oggi occupata dal moderno Hotel Campo Marzio, ma guerra e incuria ne provocarono la dispersione (cfr. Walter Stefani, “Vicenza e il suo paesaggio, fotografie dall’800 ad oggi” – Ed. Athesis 1998, pag. 151).
Dove son finiti i resti dell’Arco del Revese?
Sono molte le ipotesi sollevate sulla scomparsa dei resti dell’Arco, ma nessuna trova conferma nei testi e documenti registrati dopo la sua demolizione.
Alcune informazioni divulgate dagli utenti del web sono così fantasiose da apparire assurde perfino a coloro che non sono profondi conoscitori di storia locale.
Particolarmente diffusa, ad esempio, è la convinzione che l’ingresso monumentale ai Giardini Salvi sia la ricostruzione dell’Arco di Campo Marzo.
In realtà l’accesso ai Giardini fu voluto nel 1645 da Gianluigi Valmarana e la realizzazione del progetto, sulla base di numerose attribuzioni, fu commissionata all’architetto veneziano Baldassare Longhena.
l’Arco di Campo Marzio (o se preferite Arco del Revese) non deve pertanto essere confuso con l’arco che funge da ingresso ai Giardini Salvi.
Altre teorie vorrebbero indicare presunti luoghi di sepoltura o improbabili siti interessati alla conservazione dei blocchi.
Qualcuno sostiene addirittura che le vestigia dell’Arco di Campo Marzo siano state interrate lungo gli argini del Bacchiglione, nei pressi di Borgo Casale e del nuovo complesso di Borgo Berga, ai piedi dei Colli Berici.
Un’altra fonte, invece, specificherebbe l’esistenza di un sito ubicato nella parte opposta di Vicenza; si tratterebbe dell’area compresa tra Via Astichello e Via Mora dove è presente l’Istituto di Formazione Professionale San Gaetano.
Le mie ricerche, quindi, si sono concentrate sulle fondamenta della scuola.
Un esperto della storia dell’Istituto Professionale ha però confermato i miei dubbi: negli interrati o nei locali dell’edificio non vi sarebbe custodito alcun blocco recuperato dalla demolizione dell’Arco del Revese.
L’intera area dove oggi sorge il complesso scolastico, infatti, era proprietà privata fino al 1941 e destinata ad uso agricolo.
E’ da escludersi, quindi, l’esproprio dei terreni per seppellirvi il manufatto rinascimentale.
Successivamente all’acquisto dei terreni si procedette alla costruzione del primo modesto edificio che dal 1942 diede sviluppo all’Istituto.
Dove son conservati o sepolti i blocchi che costituivano il meraviglioso arco di Campo Marzo?
L’interrogativo è lecito.
A posteriori resta il rammarico per aver perso un’opera architettonica importante, che contribuì a dar pregio ad un viale e ad una città, già impreziosita dalla maestria di Andrea Palladio e di altri grandi architetti che seguirono l’esempio artistico.
La ricerca continua.
Bibliografia
- L’Arco di Campo Marzo in Vicenza, Flaminio Anti, ed. Tipografia G. Rumor, 1931.
- Vicenza, ritratto di una città – guida storico artistica, Franco Barbieri e Renato Cevese, ed. Angelo Colla, 2004. Edizione speciale riservata alla Banca Popolare di Vicenza.
- Documentare Vicenza, strategie di salvaguardia durante la Seconda guerra mondiale e la ricostruzione, a cura di Franco Barbieri, Gianna Gaudini, Maristella Vecchiato. Ed. MiBACT: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in collaborazione con: Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto, Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, Accademia Olimpica di Vicenza.