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Campo Marzo a Vicenza, una storia singolare

Campo Marzo o Marzio a Vicenza

Un susseguirsi di accese discussioni sui social infuoca gli animi dei vicentini: si dice Campo Marzo o Campo Marzio? L’interrogativo si ripete, seppur ciclicamente, tra le fila degli appassionati di storia locale.

Ma è bene proseguire con ordine, tracciando una descrizione del parco tanto amato, prima di giungere ad una risposta che, mi auguro, possa risultare esaustiva.

Campo Marzo e le origini del toponimo

Le origini di Campo Marzo si perdono nella notte dei tempi. Un documento datato 983 attesta il primo passaggio dei terreni dal vescovo Rodolfo ai monaci benedettini di San Felice.

Nel 1058 l’atto è rinnovato dal vescovo Liudigerio, che cede l’area alle monache di San Pietro.

Nel documento il lotto è indicato con il termine “Guisega” e risulta essere il toponimo più antico e conosciuto di Campo Marzo.

Il vocabolo, in realtà, è una storpiatura grammaticale del tedesco “wiese”, che può tradursi nella nostra lingua con il termine prato oppure pascolo.

Solo più tardi, in una permuta del 1074, appare in un altro documento la denominazione di Campo Marzo. L’area, all’epoca, comprendeva ottanta campi circondati da mura erette per impedire l’accesso ai lupi.

Giambattista Giarolli, vice segretario presso il comune di Vicenza nel 1955, trascrive nel libro sulla toponomastica, il ritrovamento di alcune suppellettili durante le operazioni di scavo del 1612.

Il fortunato recupero è descritto pure nel quinto volume dell’opera Historia ecclesiastica della città, territorio, e diocese di Vicenza di Francesco Barbarano de’ Mironi, pubblicato postumo nel 1761.

furono trovati alcuni fondamenti grossissimi con alcune urne di cenere ed idoli di bronzo; e fu giudicato che fossero del tempio di Marte, dal quale (Campo Marzio) prese il nome.

Secondo il Barbarano, nel 1310 il parco è abbellito da alberi ad alto fusto e in quell’anno prende vita il primo mercato pubblico finora conosciuto a Vicenza.

Sempre il Barbarano documenta il passaggio di proprietà del 15 dicembre 1403, quando Filippo Maria Visconti, signore di Vicenza, dona i terreni a Giacomo Dal Verme come ricompensa per i suoi servizi.

La vicenda volge al termine dieci anni dopo con Alvise e Pietro, figli di Giacomo, che rinunciano alla donazione e restituiscono i terreni alla deputazione di Vicenza.

per la qual cosa furono fatti cittadini con tutti i loro discendenti dell’uno e dell’altro sesso, presenti e futuri, ed ammessi a tutti gli onori e comodi della Città, come se fossero in essa nati.

Campo Marzo o Campo di Marte, secondo la descrizione riportata al piede.
Cartolina postale spedita nel 1901, dall’emblematica didascalia “Campo di Marte”. Ed. Schaar & Dathe Trier succursale di Milano.

Campo Marzo e l’antica trasformazione

L’aspetto di Campo Marzo (Campo Marzio o Campo di Marte secondo le tesi degli storici) rimane pressoché immutato fino al 1713, quando Francesco Muttoni progetta un’installazione per il complesso fieristico ed un collegamento alle vie di comunicazione ai piedi di Monte Berico.

L’iniziativa non ha successo e il progetto è ripreso un secolo più tardi da Bartolomeo Malacarne, che lo realizza in onore a Francesco Primo d’Austria.

Viale Dalmazia

Conosciuto con il nome di Viale dei Platani, per la presenza di quattro filari di alberi, il lungo rettilineo viene tracciato nel 1816 su disegno del Malacarne, allo scopo di collegare Monte Berico con parte di Campo Marzo.

Il toponimo cambia in Viale Dalmazia il 16 aprile 1927, grazie a nuova delibera comunale. Attualmente questa arteria collega l’incrocio con il Viale Risorgimento Nazionale, dove un tempo sorgeva una chiesetta dedicata al culto di Santa Maria Liberatrice.

Alle pendici della salita di Santa Libera, il ponte costruito in onore all’Imperatore d’Austria Francesco I congiunge le due sponde del Retrone. Un tempo in loco era presente una fortificazione medioevale che fungeva da ingresso alla città.

Un’antica porta medievale e un bar tutto smeraldo

Porta Lupia, così chiamata a causa della bassa conformità del terreno, fu protagonista delle battaglie risorgimentali per gran parte del 1848, anno della capitolazione vicentina.

L’antica struttura fu poi frettolosamente demolita, nel 1890, per intervento (anche) di un facoltoso cittadino, che offrì un’ingente somma al Comune, affinché intervenisse alla rimozione.

Sulla diagonale opposta sorgeva un ristoro per quei viandanti che erano soliti consumare corroboranti bevande, spesso a base di vino, prima di riprendere il cammino.

Il Viale dei Platani in Campo Marzo fotografato dal ponte di Santa Libera. La freccia indica il chiosco in legno, predecessore del Bar Smeraldo. L’autore della foto è ignoto. Il periodo risale alla fine dell’Ottocento.

La gestione di questa modesta baita in legno è condotta dal bravo Nini Saggiorato fino al secondo dopoguerra, solo più tardi si costruisce l’edificio in muratura che prende il nome Bar Smeraldo dal colore della tinteggiatura utilizzata per decorare le pareti interne.

All’uscita del bar, voltando le spalle al ponte di Santa Libera, ha inizio il Viale dei Platani. Purtroppo le piante sono state abbattute in tempi piuttosto recenti perché, secondo le analisi rilevate dal Comune di Vicenza, risultavano intaccate dal “cancro colorato”.

Nonostante le proteste dei vicentini, così sensibili ai cambiamenti del paesaggio, il Platanus occidentalis Linn originario dall’America, è sostituito da nuove e giovani piante.

Si dice e si scrive Campo Marzo, Campo Marzio oppure Campomarzo?

Mentre nello scritto è accettato il termine Campomarzo senza rischiare di incappare in correzioni grammaticali, nel parlato i vicentini si dividono in due categorie: quella del Campo Marzio e quella del toponimo Campo Marzo.

Ma come mai, verrebbe da chiedersi, esistono modi apparentemente simili per indicare il grande e verde parco di Vicenza? In realtà i due vocaboli hanno derivazioni e significati diversi, e pertanto è da escludersi un errore di grammatica ereditato da qualche distratto autore del passato.

Il Viale Dalmazia o dei Platani in una cartolina anni Trenta
Il bel viale dei Platani in una cartolina postale degli anni Trenta. Ed. Cartoleria Panciera.

L’origine del nome Campo Marzio risale addirittura al periodo rinascimentale, quando letterati e storici erano convinti che l’intero lotto, a quel tempo destinato al pascolo del bestiame e all’agricoltura, fosse adibito alle esercitazioni militari e al culto del dio Marte durante l’impero romano.

Ma questa tesi non trova alcun riscontro nei preziosi archivi cittadini, quindi la sua attendibilità non può essere comprovata.

Abbandonate le teorie sul toponimo Campo Marzio o Campo di Marte, la ricerca si concentra sulla denominazione Campo Marzo e l’esito riserva alcune sorprese.

Secondo gli studiosi, infatti, il basso livello del terreno comportava frequenti ristagni d’acqua e quindi l’emanazione d’aria fetida e nauseabonda, tipica delle zone paludose.

L’intera zona, inoltre, era attraversata da scoli e numerosi fossati che contribuivano a rendere il terreno molle e fradicio. Per questi motivi al parco fu attribuita la definizione di campus marcius, campo marcito, marcio, fino al vocabolo rimasto ancora in uso: Campo Marzo.

Campo Marzo e i tanti edifici perduti

Non si può documentare la storia del parco più vasto di Vicenza senza accennare gli edifici e i monumenti che creano un’elegante cornice al territorio.

Testi antichi tramandano anche la presenza di una casara e pascolo del bestiame, che veniva condotto fino alla zona oggi occupata dalla stazione ferroviaria.

Fino al 1844 l’area a sud di Vicenza è costituita da prato e ombreggiata da rigogliosi salici piangenti, poi tagliati per la posa della strada ferrata.

Panorama di Campo Marzo, del Viale dei Platani e dei Colli Berici. Ai piedi del Monte si notano alcuni edifici scomparsi durante l’ultima guerra. Cartolina postale spedita nel 1909, ed. G. Galla.

Dalla parte opposta alla stazione, invece, era presente il seicentesco arco di Campomarzo progettato e costruito nel 1608 dall’architetto Ottavio Bruto Revese. Purtroppo l’arco fu demolito nel 1938, in occasione della visita in città di Benito Mussolini e della parata militare organizzata in suo onore.

Nelle vicinanze dell’arco c’era la settecentesca Cavallerizza dei Nobili e il laboratorio di un tintore che, a causa delle continue esalazioni emanate dai prodotti utilizzati, divenne presto oggetto di polemica. L’edificio venne demolito negli anni ’30 per lasciare spazio alla costruzione di una palazzina che divenne sede del ristorante Savoia.

Percorrendo ancora qualche passo in direzione della stazione, era possibile ammirare il maestoso Teatro Verdi (progetto: Marco Dondi Dell’Orologio, 1923), costruito sulle fondamenta del precedente e omonimo fabbricato.

Delle mura del Teatro non è rimasta traccia. Pericolanti nel secondo dopo guerra, in seguito ai bombardamenti, furono abbattute e i resti recuperati per la costruzione o il restauro degli edifici rimasti danneggiati. Oggi il sito presenta una lunga distesa d’erba, mentre il sottosuolo è riservato al parcheggio delle automobili.

Caffè Turco, poi Caffè Moresco, e Campo Marzio in una cartolina d'epoca.
Una rara cartolina d’epoca del Caffè Turco (poi Caffè Moresco) edificato sul Campo Marzo e spedita nel lontano 1908.

La zona della stazione dei treni di Vicenza

Stessa sorte toccò alla vicina stazione dei treni, ricostruita nel 1948 senza la gli elementi architettonici riconoscibili nel fabbricato precedente.

Nei paraggi era visibile, tra gli alti platani di Campo Marzo, il meraviglioso chalet Piccioli, meta di forestieri in attesa dei treni.

L’edificio è ritratto in alcune preziose fotografie d’epoca e nella rara cartolina realizzata dallo Studio Vajenti del 1920. La troviamo riprodotta nel libro “Vicenza nel tempo – la città di ieri, la città di oggi” del memorialista Walter Stefani e del collezionista Antonio Rossato.

Il bellissimo chalet in copertina “Vicenza nel tempo – la città di ieri, la città di oggi” di Walter Stefani e Antonio Rossato, Editoriale Programma.

Ma come raggiungevano la città i forestieri arrivati in stazione? Sul piazzale antistante all’antico fabbricato erano allineate numerose carrozze che venivano di volta in volta assegnate al trasporto dei passeggeri.

Solo più tardi, nel 1885, fu costruita la prima stazione tranviaria e con essa furono introdotte le carrozze che, nonostante la presenza del traino a cavalli, scorrevano su rotaia. 

La prima motrice elettrica è inaugurata con solenne cerimonia il 29 maggio 1910, lungo il viale che collega i Giardini Salvi con la stazione dei treni.

L’esordio delle autovetture a motore, invece, comporta cambiamenti radicali nel sistema di trasporto urbano ed extra urbano in tutte le città italiane.

A Schio nasce la Società Servizi Automobilistici che, al termine del primo conflitto mondiale, costruisce un’autorimessa dove oggi è presente Hotel Campo Marzio.

L’anfiteatro, l’obelisco e le piramidi di Campo Marzo

Notizie sulla presenza di un anfiteatro in Campo Marzo sono documentate da Walter e Antonio Stefani nel libro “Il palio di Vicenza” (Edizioni Agorà, 2014).

Costruito nel 1576 per volere dell’Accademia Olimpica e realizzato su progetto dell’architetto Andrea Palladio, il “circo” delle corse con i cavalli rispecchiava la tradizione classica dei teatri romani e gli spettacoli che vi si tenevano erano apprezzati sia dai nobili in tribuna, sia dalla classe meno abbiente destinata ai posti sulle gradinate.

Anfiteatro in Campo Marzo, progetto dell'architetto Andrea Palladio.
Anfiteatro eretto in Campo Marzo su progetto dell’architetto Andrea Palladio. Incisione in rame del sec. XVIII per Giacomo Leoni, sec. XVIII. Immagine proveniente da collezione privata e tratta dall’opera “Vicenza città bellissima”, pag. 128.

L’anfiteatro fu realizzato in legno e composto in parti mobili e accostabili tra loro, in modo da poterle smontare e conservare presso i magazzini del Comune. Queste venivano poi trasportate in Campo Marzo e riutilizzate in occasione del successivo evento organizzato dall’Accademia Olimpica, all’epoca presieduta dall’illustre Girolamo Schio.

I Giochi Olimpici e la corsa delle bighe che si tenevano nell’anfiteatro, dovevano in qualche modo risollevare gli animi dei Vicentini e dei forestieri giunti dalle vicine città, colpite dal morbo della peste.

La diffusione della malattia non risparmiò neppure Vicenza, che nel 1630, contò un impressionante numero di vittime. I corpi dei defunti furono aspersi di calce e sepolti in Campo Marzo, che per il nefasto evento fu trasformato in una vasta fossa comune.

Gli spettacoli riprendono nel 1732 con la Corsa de’ Berberi nel nuovo impianto sportivo, replica dell’originario progetto del Palladio. L’anfiteatro è definitivamente smantellato nel 1788 in seguito ad un’ordinanza emanata dal Consiglio dei Dieci.

Un monumentale obelisco

Monumento francese in Campo Marzo
Obelisco in Campo Marzo. Incisione in rame di fine sec. XVIII, opera tratta da “Vicenza città bellissima”, pag. 276 – collezione privata.

Alcuni anni dopo, nel 1796, Vicenza subisce le prime incursioni dell’esercito napoleonico e l’anno seguente prende pieno titolo la prima municipalità filo-francese.

Nel luglio dello stesso anno viene eretto in Campo Marzo un monumento in occasione della ricorrenza della presa della Bastiglia.

L’opera, realizzata sull’esempio degli alti obelischi egizi, come quello in Place de la Concorde a Parigi, differisce in alcuni dettagli.

A Vicenza il monolito poggiava su un basamento quadrato con una gradinata su ogni lato del perimetro, mentre la guglia si ergeva su una base esagonale.

Nonostante le forme geometriche della struttura, il monumento era chiamato Piramide di Campo Marzo per il gusto esotico che evocava nell’immaginario collettivo.

Con il graduale ritiro delle truppe francesi e l’insediamento nel 1798 delle milizie asburgiche in città, l’obelisco venne demolito e i suoi resti dispersi.

Le piramidi a Vicenza?

Meno interessanti, ma altrettanto appariscenti, erano le piramidi di carbone che servivano ad alimentare i locomotori a vapore.

Sin dagli esordi della strada ferrata non esistevano depositi per conservare il combustibile naturale. Questi compaiono molto più tardi, nell’area interna alla stazione dei treni e in prossimità alle pendici dei Colli Berici.

Lo stabilimento chimico che avvelena Campo Marzo

Anche la presenza dello stabilimento Magni non contribuiva a rendere migliore l’aspetto di Campo Marzo. L’azienda produceva prodotti chimici, concimi e acidi nella zona in parte occupata attualmente dai palazzoni di Viale Milano e dal Piazzale Bologna.

Sono purtroppo noti gli episodi di inquinamento del terreno, del vicino fiume Retrone e della roggia Seriola. Le cronache del tempo raccontano di versamenti chimici nelle acque, che formavano grosse chiazze galleggianti (vedi articolo dedicato allo stabilimento Magni).

Ingresso allo Stabilimento Magni di Vicenza
Vialetto e ingresso principale dello Stabilimento Magni in Campo Marzo. Cartolina postale del primo Novecento, edizioni Galla.

Le sfrenate corse con i cavalli, l’arrivo di Buffalo Bill e gli orsi bruni

Per quanto possa sembrare strano, la presenza di animali addestrati era assai frequente in città e nei parchi.

Adriano Navarotto, nei suoi volumi dal titolo “Ottocento Vicentino, memorie di un protagonista”, descrive, nel paragrafo dedicato agli usi e ai costumi del periodo, le esibizioni degli orsi e i problemi che questi comportavano:

La comparsa degli orsi era così frequente che un giornale locale ne fa le meraviglie e ne muove lamento, non già per il codazzo e il chiasso della ragazzaglia, ma perché spaventavano i cavalli.

Il 19 marzo 1872 il Giornale della Provincia di Vicenza pubblica lo scontro tra un cavallo e un orso eretto sulle zampe posteriori. Solo la prontezza e l’abilità del cavaliere evitano la corsa dell’animale lanciato verso la folla ferma ad osservare lo spettacolo.


Nel frattempo in Campo Marzo le corse dei cavalli continuano ad attirare interesse, nonostante la scomparsa dell’anfiteatro palladiano.

Per un breve periodo, infatti, valorosi fantini si sfidano nel rettilineo compreso tra il piazzale antistante alla stazione ferroviaria e all’arco del Revese, fino a quando, nel 1870 circa, co’ materiali di rifiuto a colmar le “basse” si creò il campo per le corse.

La pista è chiamata Grande O di Campo Marzo”, per la sua caratteristica forma circolare. Tanto piacque ai vicentini che, durante la primavera del 1892, la Società Ippica Italiana decide di estendere il tracciato fino a una lunghezza di 804,50 metri.

Panorama di Vicenza ripreso nei primi anni Cinquanta dal Piazzale della Vittoria a Monte Berico. E’ visibile la pista circolare di Campo Marzo, ove in passato si svolgevano le corse con i cavalli.

Buffalo Bill in visita a Vicenza

Proprio la “Grande O” è protagonista, nei primi anni del Novecento, di un evento memorabile per la storia degli spettacoli nel vicentino: si esibisce il colonnello William Frederick Cody, alias Buffalo Bill, e il suo numeroso gruppo di aiutanti e attori.

Il leggendario personaggio arriva a Vicenza durante l’alba del 9 maggio 1906, a bordo di un treno proveniente da Brescia. Sono impiegati quattro convogli ferroviari per i materiali dedicati all’allestimento delle cucine e degli attendamenti e il trasporto di 291 cavalli.

Il Buffalo Bill’s Wild West ha inizio nel primo pomeriggio, dopo una mattinata trascorsa a sistemare l’accampamento in Campo Marzo.

Cronache dell’epoca, raccolte e descritte con dovizia di particolari nei testi di Walter e Antonio Stefani, raccontano del coinvolgimento di 12.000 spettatori giunti in città da ogni parte della provincia.

Lo spettacolo si replica alla sera, sotto i riflettori di alcune potenti lampade e rispettando l’ordine delle esibizioni svolte durante il giorno.

Al termine della kermesse Buffalo Bill ed il suo seguito fanno i bagagli e a notte inoltrata viaggiano in direzione Treviso, dove verrà allestita un’altra fantastica manifestazione in stile western.

E le giostre di Campo Marzo?

Già, il Luna Park in Campo Marzo! Quanti ricordi d’infanzia sono legati all’arrivo delle giostre con le rumorose sale giochi, i banchi dei dolci con l’immancabile frittella e i gazebo con il tiro al bersaglio?

Ebbene, delle tante attrazioni installate a me piacevano le giostrine con le astronavi che si alzano da terra grazie ad un braccio meccanico collegato ad un perno centrale e rotante.

Non rinunciavo neppure al trenino che si snodava lungo un tortuoso percorso sull’erba, o alle automobiline che giravano in senso orario sopra una piattaforma circolare.

Altro irrinunciabile appuntamento era il cavallo meccanico con la vetrinetta dei soldatini posizionata a poca distanza dal muso del finto animale.

Si inseriva una monetina nella feritoia ricavata nel basamento del quadrupede e i pellerossa (esisteva anche una versione con i cowboys) iniziavano a girare attorno ad uno scenario grossolanamente dipinto.

Vicenza, "festa dei oto" - le giostre in Campo Marzo
Le mie corse immaginarie sul cavallo meccanico. Foto del 28 agosto 1977, autore: mio padre.

Lo scopo del gioco era abbattere i soldatini con la pistola fissata sulla criniera del cavallo, anch’esso in movimento.

L’arma, palesemente finta, sparava proiettili invisibili in direzione dei piccoli indiani in fuga che, grazie ad un sensore elettronico, cadevano con uno scatto secco per rialzarsi al successivo giro del nastro trasportatore.

Un divertimento che potrebbe sembrare banale agli occhi delle ultime generazioni, eppure all’epoca si aspettava con impazienza l’arrivo delle giostre per eccellere in abilità e fierezza.

L’appuntamento con la sfida ai giochi elettronici, le finte corse sui cavalli e le tante attrazioni ludiche che colorano il prato e il lungo Viale Dalmazia si ripete ancora oggi, in un susseguirsi di gioiose emozioni per i più piccini e di nostalgici ricordi per gli adulti.

Fino a quando arriva inesorabile il momento del congedo.

Adagiati sul verde prato di Campo Marzo, gli scheletri meccanici giacciono inermi per essere caricati su pesanti automezzi, che a breve lasceranno la città per raggiungere nuove destinazioni.

Spoglio di luci, colori e frastuono, il parco più grande e antico di Vicenza torna a rivivere uno stato di apparente tranquillità.

Campo Marzo negli anni cinquanta e sessanta

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Bibliografia

  • Vicenza nella sua toponomastica stradale, Giambattista Giarolli, edizioni tipografiche Istituto San Gaetano – Vicenza, 1955 (prima edizione).
  • L’Arco di Campo Marzo in Vicenza, Flaminio Anti, ed. Tipografia G. Rumor, 1931.
  • Vicenza, ritratto di una città – guida storico artistica, Franco Barbieri e Renato Cevese, ed. Angelo Colla, 2004. Edizione speciale riservata alla Banca Popolare di Vicenza.
  • Quattro passi in Campo Marzo, Giampaolo Vajenti – introduzione di Walter Stefani, ed. Caratti & Poletto/united Creative Group, dicembre 1994.
  • Ottocento Vicentino, Memorie di un protagonista, Adriano Navarotto. Edizione a cura di Ermenegildo Reato, 1984 – Stocchiero Editore.
  • Il palio di Vicenza, Walter e Antonio Stefani, ed. Agorà Factory, settembre 2014
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