Cosa significa e perché ci chiamano Vicentini Magnagati?
Esiste una risposta alla popolare diceria che perseguita i vicentini sin dai tempi antichi, teoricamente propensi ad assaporare pietanze a base di gatto?
Ho svolto alcune ricerche con l’obiettivo di risalire al significato dell’espressione dialettale “Vicentini Magnagati” e ho scoperto cose interessanti!
Vicentini Magnagati per modo di dire
Certamente qualcuno apprezzerà la fedeltà e il gran rispetto del cane, ma eleganza e temperamento felino riescono ad ammaliare anche l’animo più burbero e introverso.
E secondo mio modesto parere, nonostante il suo perseverare nel chiedere attenzioni, il micio è una presenza insostituibile nella vita di tutti i giorni.
Ma sto divagando, quindi rientro nel percorso dal quale mi sono allontanato e concludo questa breve introduzione con un pensiero di Fernando Pessoa; poeta e scrittore portoghese vissuto tra fine Ottocento e inizio Novecento:
Felice è colui che dalla vita non esige più di quello che essa spontaneamente gli offre, facendosi guidare dall’istinto dei gatti, che cercano il sole quando c’è il sole e quando non c’è il sole, il caldo, dovunque esso sia.
Ecco cosa troverai continuando la lettura:
- Il significato dell’espressione idiomatica e dialettale “vicentini magnagati“
- La filastrocca sui Veneti
- La cucina dei vicentini magnagati, ovvero come sfatare un mito
- Il gatto: il miglior amico del vicentino
- L’autoironia dei vicentini, il teatro e gli scrittori che hanno esposto le teorie sulle origini dei magnagati
- Il volontariato e le associazioni in difesa del gatto (e non solo)
Le origini presunte dei Vicentini magnagati
Mentre alcuni sostengono che il termine magnagati provenga dalla corruzione dialettale veneta “gato magnà” (hai mangiato), altri studiosi hanno approfondito le ricerche sino arrivare ai tempi della Serenissima Repubblica, che per circa quattro secoli dominò sul territorio vicentino.
E’ di Antonio Di Lorenzo, scrittore e giornalista vicentino, l’accurata ricerca sulla credenza “culinaria” pubblicata nel suo libro “Perché ci chiamano vicentini magnagati e le mille vite del gatto vicentino” (Terra Ferma Edizioni, 2009).
L’autore cita gli storici Elio Franzin e Angiolo Lenzi, i quali fanno risalire la presunta origine della fame, pardon, della fama, alla guerra della Lega di Cambrai iniziata nel lontano 1508 per arginare l’espansione della Repubblica di Venezia in terraferma.
Alla coalizione parteciparono anche gli armigeri della città Berica, ma nel 1509, durante un vano tentativo di attaccare gli invasori, i Vicentini vennero sbeffeggiati con una gatta appesa ad una lancia esposta lungo le mura del confine padovano.
Il macabro gesto di derisione alludeva certamente alla temibile macchina da guerra chiamata “gatto” utilizzata dall’esercito per assaltare le roccaforti degli avversari.
Una storia piuttosto suggestiva che, secondo il parere di alcuni ricercatori, risulta forzata e quindi poco attendibile.
Realtà, invece, sono gli sberleffi e le offese che sovente si ripetevano tra Vicentini e Padovani, i quali si scambiarono botte da orbi perfino durante le allegre manifestazioni popolane.
A tal proposito, cito l’articolo nel quale si narra, grazie alla documentazione ritrovata, un episodio dalle conseguenze drammatiche e terminato con la cessione di salsicce ai Padovani in cambio di un asino!
Un’altra teoria assai diffusa risalirebbe sempre al tardo periodo del dominio della Repubblica di Venezia, ma con risvolti differenti da quelli descritti sopra.
Pare, infatti, che Vicenza fosse invasa dai roditori e per sopperire alla carenza dei felini in città si ricorse al prestito dei simpatici animaletti dalla vicina Venezia.
Accolti con un festoso banchetto in laguna, i Vicentini ringraziarono, riempirono le stive dei burci (tipica imbarcazione locale) con un’infinità di gatti e risalirono il fiume Bacchiglione per far ritorno a casa.
Prima della partenza, però, i nostri antenati furono informati sull’ingrediente principe delle pietanze che furono servite a tavola.
Rientrati in terra Vicentina e rimasti colpiti da tanta bontà delle carni, i magnagati, sempre secondo la leggenda, continuarono a cibarsi dei cacciatori di topi avuti in prestito dagli amici Veneziani.
Attorno a queste curiose narrazioni orbitano altri aneddoti tramandati nel tempo, ma privi di documentazione certa.
Fu realtà, invece, il divieto pronunciato nel 1943 dal Ministero dell’Interno e diffuso in tutta la penisola, che vietava “la distruzione di gatti per la utilizzazione delle carni, dei grassi e delle pelli”.
Il problema della carestia di cibo in tempo di guerra non fu appannaggio della città Berica, ma coinvolse altre provincie e regioni d’Italia, colpendo anche diversi strati sociali.
Malgrado questa evidenza, i Vicentini sono gli unici a portare la nomea di magnagati.
La famosa filastrocca veneta sui magnagati
Chi non conosce la filastrocca dedicata alle genti che popolano il Veneto?
Alcuni stimano le sue origini alla notte dei tempi, altri al primo Novecento, ma non è questo il fine della ricerca.
E’ piuttosto interessante, invece, conoscerla per intero perché pochi sono coloro in grado di recitarla correttamente fino all’ultima strofa.
La sorpresa è contenuta nel testo completo, che addirittura sconfina nelle vicine terre lombarde e friulane.
La curiosa filastrocca è riportata in molti testi di cultura veneta e spesso differisce in piccoli dettagli grammaticali.
Comunque sia, il significato non cambia e il suo contenuto recita così:
Un gatto per amico
Ci credereste mai?
La mascotte della municipalità vicentina è un bellissimo gatto!
Avete capito bene: la presenza costante a palazzo Trissino-Baston, sede del Comune di Vicenza, è un simpatico felino in carne e ossa!
Il micio, ancora giovane, fu notato dai dipendenti del cinquecentesco palazzo, che subito gli procurarono una morbida cuccia, del cibo e tante amorevoli cure.
Neanche a dirlo: Romeo, così battezzato dagli impiegati della Pubblica Amministrazione, si ambientò talmente bene nei locali e nell’atrio dell’edificio che decise di rimanerci definitivamente.
In fin dei conti, perché andarsene da quelle antiche mura e dai premurosi amici umani rinunciando così al loro affetto e alle saporite crocchette di pollo?
Come se tutto ciò non bastasse, allo stratega Romeo piace acciuffare i piccioni del cortile interno, trascurando così la tradizionale caccia ai topolini.
Ciao gattone Romeo, Vicenza piange la tua scomparsa dal 7 giugno 2021.
Marcello, il gatto d’Este
Nonostante siano noti gli antichi campanilismi e i contenziosi fra Padovani e Vicentini, il felino domestico accomuna ancor oggi, seppur pacificamente, i destini delle due fazioni un tempo rivali.
La correlazione “gattesca” si evince dallo sberleffo pronunciato ai danni dei Vicentini, quando, sempre secondo tradizione popolare, le milizie padovane provocarono deliberatamente gli invasori “magnagati” durante la difesa della città patavina (l’episodio dal macabro contorno è descritto sopra).
I Padovani oggi sono protagonisti di nuove vicende miagolanti sui social con un archivio ricco di simpatiche foto, video e racconti dell’adorabile Marcello.
La sua storia ha inizio a Este: il suggestivo Comune conosciuto per il castello Carrarese, le alte mura medievali e i bellissimi palazzi dove capita spesso d’incontrarlo, anche tra i tavoli dei ristoranti o all’ingresso delle varie attività commerciali.
La sua presenza lungo la via principale del centro città è continua; curioso per natura, il gatto Marcello entra nei negozi guadagnando coccole, amorevoli sorrisi e di tanto in tanto anche qualche goloso bocconcino.
Quando vidi Marcello per la prima volta zampettare tra le gambe dei tavolini di una pizzeria pensai a un gatto smarrito, così chiesi alla cameriera chi fosse e a chi appartenesse quel bellissimo micio bianco pezzato d’arancione.
Notai lo stupore della ragazza, la quale rispose essere Gatto Marcello: il conosciutissimo felino adorato dai residenti (e non solo) della bella cittadina estense.
Ma questo tenero micione, nonostante sia un accanito girovago, è un animaletto domestico accudito da una premurosa famiglia che lo circonda d’amore.
Munito di collare e medaglietta con un riferimento telefonico in caso di emergenza, Marcello scorrazza liberamente anche in estate, durante le ore più fresche del giorno, conquistando simpatia tra gli avventori dei bar e tra i clienti dei negozi sotto ai portici.
Nonostante la medaglietta di riconoscimento, Marcello scomparve per un periodo fortunatamente breve, senza lasciare traccia alcuna.
Subito iniziarono le ricerche con la collaborazione di tutta la comunità estense, che con un tam-tam sui social divulgò, ovviamente in seguito al disperato appello della sua padroncina, richieste di eventuali segnalazioni o informazioni sul gatto più amato della città.
Fu ritrovato dopo alcuni giorni in buone condizioni e riconsegnato alla famiglia d’origine, che trascorse lunghi attimi di vera preoccupazione per la sorte del dolce, affabile Gatto Marcello.
Di seguito puoi ammirare una selezione di cartoline d’epoca e foto ritratti
A tavola con i magnagati
Contrariamente al proverbio che ha reso famosi i vicentini in Italia e nel mondo, ci piace stare a tavola in compagnia dei gatti e non averli arrosto sul piatto.
A conferma di questo curioso paradosso, racconterò un episodio degno di nota o persino surreale per coloro che ci etichettano divoratori della simpatica bestiola a quattro zampe e dalla coda arricciata.
E’ avvenuta (udite bene!) l’apertura del primo Neko Cafè a Vicenza!
Cos’è un Neko Cafè?
Si tratta di un locale aperto al pubblico, dove è possibile consumare bevande in totale relax condividendo lo spazio con sei magnifici e affettuosi esemplari felini.
Ma al Neko Cafè di Vicenza (primo e unico nel Veneto, a dispetto della nomea di magnagati) si organizzano anche incontri ed eventi tematici per migliorare il rapporto con l’animale.
Per accedere al locale e partecipare alle numerose iniziative, è sufficiente richiedere l’iscrizione ai gestori (umani), che vi rilasceranno una tessera personale.
Maggiori informazioni sono reperibili sul sito ufficiale del Neko Cafè o suonando (o meglio: miagolando) il campanello al civico 3 di Strada delle Grancare Basse, nei pressi della Riviera Berica.
La cucina dei Vicentini magnagati
Se siete arrivati fino a questo punto della lettura, vi sarà chiaro che ai vicentini non piace il gato in técia (gatto in padella), vero?
Eppure, forti della fama spesso pronunciata dai forestieri in modo dispregiativo, alcuni miei concittadini hanno pensato di elaborare alcune specialità gastronomiche sfruttando l’immagine del felino domestico.
Gli ingredienti principali sono: miele, zucchero, mandorle e un pizzico di goliardia.
Nasce così il prelibato dolce “La Gata”; frutto dell’ingegno di sette pasticceri vicentini che, per ovvie ragioni, preferiscono mantenere segreta la ricetta originale.
La ciliegina sulla torta, se mi è permesso il gioco di parole, è lo zucchero a velo da distribuire in maniera uniforme sulla superficie, utilizzando lo stencil compreso nella confezione.
Il risultato? Una serie di piccole e leggiadre impronte lasciate da un dispettoso micione in cerca di guai.
Ma i fondatori del Consorzio La Gata, di cui trovate i dettagli sul sito ufficiale, non sono gli unici ad aver sperimentato, seppure con ironia, un dolce dedicato alla reputazione dei magnagati.
Sbirciando tra le vetrine del centro storico di Vicenza, infatti, un’altra prelibatezza dolciaria ha attirato la mia curiosità.
Si tratta di un vassoio contenente biscotti dall’inconfondibile sagoma; accompagnato da un’etichetta che ne descrive il nome: vicentini magnagati.
Guarda caso, la pasticceria che li produce porta il nome della città lagunare che, secondo una delle tante antiche leggende, affidò al Comune di Vicenza un numero considerevole di gatti, affinché questi cacciassero i topi in costante proliferazione.
Buffa coincidenza.
Anonima Magnagati
Erano gli anni ottanta quando vidi per la prima volta i quattro componenti dell’allegra combriccola esibirsi sul palco allestito tra le colonne di piazza dei Signori.
All’epoca frequentavo il secondo anno delle scuole superiori e un sabato mattina, durante una manifestazione studentesca, mi mescolai alla folla radunata in piazza per assistere allo spettacolo.
Ricordo l’ironia dei protagonisti, la spontaneità, un ombrello dai colori dell’arcobaleno con orecchie e occhi disegnati sulla tela e le risate del pubblico.
Fu così che conobbi l’Anonima Magnagati: il gruppo folk-cabaret vicentino noto ovunque grazie alle numerose collaborazioni e agli spettacoli allestiti in molti paesi del mondo.
Gli esordi del 1972 e l’incisione discografica del vinile “Strasse, Ossi & Fero Vecio” sancirono il successo della band, che da oltre quarant’anni sforna gustosissime commedie e produzioni musicali in dialetto locale.
Memorabili sono gli astuti giochi di parole utilizzati per i titoli, rigorosamente pensati e scritti in dialetto vicentino come: “Monamùr”, “@sitoveneto”, “Quattro salti in barella”, “Via col Veneto”, “Sensi di Polpa”.
Ma la produzione artistica dell’Anonima Magnagati non si può certamente riassumere nei titoli elencati sopra: curiosando nel sito ufficiale della band, è possibile risalire alla cronologia completa degli spettacoli e della discografia finora realizzata.
Autori, scrittori, precursori magnagati
Un altro passo indietro nel tempo per ricordare quel personaggio che per primo scrisse e interpretò sul palco una commedia dedicata ai magnagati.
Mi riferisco al celebre scrittore, giornalista, attore e commediografo Primo Piovesan, il quale compose numerose opere teatrali che gli valsero fama prima e durante le due terribili guerre mondiali.
Egli, nonostante le difficoltà e i tentativi di censura imposti dal regime militare, lavorò incessantemente ai progetti elaborati dal suo instancabile genio, collezionando una serie di fortunati risultati.
Tra le produzioni teatrali risalta, appunto, la commedia dall’emblematico titolo “I Magnagati” concepita con l’amico e collaboratore Antonio Pandolfini e presentata per la prima volta al Dopolavoro del Cotonificio Rossi il 19 gennaio 1929.
La vicenda si svolge durante il periodo dei moti insurrezionali del 1848, presso l’antica osteria Malvasia, situata in contrà delle Morette.
Il gestore dell’attività di ristorazione, un certo Momi Landoni, è conosciuto per l’abilità nel cucinare deliziosi manicaretti a base di felino.
A procurare l’ambita materia prima per la preparazione delle pietanze, sono quattro facchini incaricati al trasporto della Rua di Vicenza durante la storica manifestazione.
Ma nella caccia alle bestiole un portantino sceglie la vittima sbagliata, innescando una serie di equivoci e di problemi all’oste.
La padrona del malcapitato animaletto, infatti, è Veronica Timorati: una fruttivendola malalingua, pettegola e dalla denuncia facile.
La donna, ancora ignara della triste sorte del micio, rivela a Momi una relazione sentimentale tra sua moglie e un componente della fraglia della Rua.
La notizia, naturalmente, è priva di fondamento e quando i sospetti sulla scomparsa del gatto diventano realtà, Veronica interpella i gendarmi che prontamente arrestano Bepi – rapitore del felino e immaginario amante di Carolina, moglie del conduttore dell’osteria.
La polizia austriaca impone la chiusura a tempo indeterminato del locale e rinchiude in prigione il facchino Bepi accusato ingiustamente dalla Timorati di aver picchiato una guardia.
La situazione cambia quando, durante un alterco scatenato dalla gelosia dell’oste, Carolina confessa d’essere la madre di Bepi e non la sua innamorata.
La commedia ha lieto fine grazie ad un alibi che scagiona il ragazzo e mentre questi viene a conoscenza della sua discendenza dalla stessa Carolina, fuori dall’antica osteria i Vicentini si infervorano d’amor patrio per contrastare l’occupazione straniera, che sfocerà nella sanguinosa battaglia del X giugno 1848.
Questa è, in sostanza, l’opera del noto autore teatrale e giornalista Primo Piovesan, che colloca le origini dei vicentini magnagati alla prima metà dell’Ottocento, quando il cibo scarseggiava e la fame tra i residenti era particolarmente sentita.
Pura fantasia dettata dall’estro dell’autore, naturalmente, come suggestiva fu la teoria di Virgilio Scapin, noto scrittore e libraio vicentino.
Egli ipotizzò l’arrivo in massa dei simpatici quadrupedi quando in città ebbe origine la gustosa pietanza del baccalà con la polenta; vero piatto forte della cucina locale.
Furono i burci carichi del tipico e odoroso pesce essiccato ad attrarre (sempre secondo l’ipotesi dello Scapin) i gatti nei porti allestiti sulle sponde del fiume Bacchiglione.
Anche la preparazione e la cottura del baccalà avrà sicuramente prodotto intensi profumi lungo le contrade e le piazze della città Berica, facendo letteralmente impazzire i felini che, nutriti da residenti compiacenti, aumentarono di numero.
Venuti a conoscenza della pacifica invasione felina a Vicenza, i cugini Veneziani chiesero in prestito le bestiole per combattere la diffusione dei roditori tra le calli della città lagunare.
Quando venne il momento di concludere la trattativa, però, i gatti scomparvero misteriosamente e i Vicentini furono accusati di averne fatto incetta a tavola.
Siamo solidali, non “magnagati”
Nella città del Palladio, dove gli abitanti sovente vengono bollati magnagati dai buontemponi, stirpe felina e canina superano il numero dei volontari impiegati presso le strutture di ricovero per animali.
La cosa di per sé suona paradossale, eppure, nonostante le perplessità, la richiesta di personale addetto alle cure delle bestiole è in costante aumento.
Ogni tipo di aiuto offerto, seppur modesto, è un valido contributo al miglioramento della loro permanenza nelle strutture abilitate, ma adozioni e tempo libero sono le priorità.
L’Ente Nazionale Protezione Animali è il principale riferimento per chi volesse approfondire le tematiche sulla salvaguardia faunistica, comprese le modalità di affido domestico.
Un invito, quindi, a consultare il sito ufficiale ENPA Vicenza, nel quale sono pubblicate le informazioni necessarie per aderire alle diverse iniziative promosse dall’Ente.
Sono numerose, inoltre, le colonie feline allestite e curate dai volontari, distribuite in periferia e nei comuni della provincia vicentina.
Questo tipo di attività non solo tutelano i piccoli amici a quattro zampe dai pericoli, ma dimostrano lo spirito di solidarietà che contraddistingue i vicentini.