ITIS Rossi e il rivoluzionario successo scolastico a Vicenza

Quanto ha contribuito ITIS Rossi e quali sono i fattori di crescita che portano al successo tecnica e formazione a Vicenza?
Le domande trovano risposte nel volumetto scritto e pubblicato dal Professor Roberto Monicchia in occasione dell’anniversario della fondazione.
Il libro Scuola, impresa, lavoro, 130 anni dell’ITIS Rossi di Vicenza, racconta la storia dell’istituto e lo sviluppo formativo dei giovani tecnici.
Nel percorso della sua indagine, Monicchia descrive come l’istituto scolastico abbia condotto un’esistenza sofferta, riconducibile agli eventi di guerra che coinvolsero l’istituto.
Tragici furono gli effetti del bombardamento del 1944 sulla sede di Santa Corona, che resero inagibile la scuola.

Sulla parete dell’Aula Magna è collocato il medaglione commemorativo di Alessandro Rossi, recuperato dalle macerie della precedente sede.
All’interno del locale è inoltre presente la lapide con i nomi degli allievi caduti durante la Grande Guerra.
Lungo i corridoi dell’istituto è esposta una galleria di immagini con ritratti d’epoca, visite ministeriali, laboratori e attività didattiche.
Alcune di queste fotografie sono state pubblicate per gentile concessione dell’Archivio Storico ITIS Rossi, mentre le cartoline provengono dall’archivio Antonio Rossato.
Autori delle fotografie, dove indicato:
- Studio Ferrini (sede in Corso A. Fogazzaro, Vicenza)
- Umberto Fin
- Foto Impiumi
Il testo dell’autore è qui presentato in forma sommaria, tuttavia non mancano aspetti significativi e spunti di riflessione.
Stefano Bacci
ITIS Rossi, le origini e il dibattito
Una memoria che è storia: il “Rossi” a Vicenza, il “Rossi” in Italia.
La “Scuola industriale di Vicenza” apre i battenti nel 1878, qualche mese dopo l’approvazione da parte del consiglio provinciale e il via libera del governo.

C’è nella stessa data un segno del destino importante che accompagnerà la scuola.
E’ del 1878, infatti, l’aumento delle tariffe doganali con cui la Sinistra storica imposta una decisa svolta in direzione dell’industrializzazione dell’Italia.
Accanto ai latifondisti cerealicoli legati al circuito della spesa pubblica, condividono l’obiettivo dell’industrializzazione anche imprenditori diffidenti verso il ruolo dello Stato come leva dello sviluppo economico.
Tra essi un posto di primo piano spetta all’industriale tessile e senatore del Regno Alessandro Rossi.
Dalla crisi del 1873-78, che colpisce duramente i redditi agricoli, Rossi ricava la convinzione che non c’è alternativa per promuovere lo sviluppo di un paese come l’Italia, povero di capitali e di materie prime.
Tuttavia la difesa doganale è solo una parte della soluzione del problema dello sviluppo.
Vi rientra anche l’interesse per il problema dell’istruzione e della formazione tecnica: la valorizzazione del “capitale umano” costituisce forse la più importante risorsa dell’economia italiana.
Verso il futuro dell’industria Vicentina
Il mancato accoglimento delle istanze più avanzate del risorgimento italiano circa la necessità di una cultura tecnico-scientifica come essenziale requisito di una nazione, non è sorprendente.
D’altra parte non manca l’impegno di scienziati, industriali, componenti del movimento operaio, per la realizzazione di un sistema scolastico in linea con le esigenze dello sviluppo.
E’ membro importante del gruppo Alessandro Rossi, che riceve un forte impulso a muoversi in questa direzione dalla visita all’esposizione industriale di Parigi del 1867.
Rivolgendosi con una lettera agli industriali italiani, Rossi li invita ad assumere una funzione di guida, di cui enumera le condizioni, riservando un posto privilegiato all’istruzione tecnico-professionale.
Il senatore espone la sua impostazione al congresso sull’istruzione tecnica tenuto a Firenze nel 1877 per iniziativa di Fedele Lampertico, economista e presidente del Consiglio Provinciale di Vicenza.
In alternativa alle scuole tecniche esistenti, del tutto disattente alla pratica di laboratorio e officina, Rossi propone scuole speciali, capaci di formare i capotecnici d’industria.
Grazie al sostegno del suo presidente, Fedele Lampertico, il Consiglio Provinciale di Vicenza approva la proposta nella seduta del 5 ottobre 1877.
La sede di S. Corona e l’avvio della scuola (1878-1898)
La scuola ha sede nel centro storico, nell’ex convento benedettino di Santa Corona, messo a disposizione dal Comune.
Il disegno classico della facciata, il chiostro, le colonne, fanno pensare ad una destinazione liceale, anziché ad una scuola tecnica imperniata su laboratori e officine.

Sui due piani le officine sono divise nei reparti di fonderia, fucina, torneria, falegnameria e limatori, e nei laboratori di macchine motrici, elettrotecnica e costruzioni meccaniche.
La tabella dell’orario dei primi anni regola le attività scolastiche ed extrascolastiche come in una caserma, dalla sveglia e pulizia delle 5.30 alla “cena e ricreazione” delle 21-21.30.
Vi si riconosce la disciplina della manifattura moderna, con i suoi i suoi tempi precisi scanditi dalle macchine.
Dopo un inizio difficile, con 50 soli iscritti nel 1886-87, comincia una fase di crescita, coincidente con la lunga direzione di Ernesto Carlo Boccardo.
Dal 1888 gli iscritti ricominciano a salire, superando nel 1891 le 200 unità.

Nonostante gli sforzi, la composizione sociale degli studenti del “Rossi” si concentra nell’ambito della media e piccola borghesia, riservando poco spazio al ceto operaio.
ITIS Rossi nel sistema scolastico nazionale (1900-1944)
Il contesto economico e sociale è destinato a mutare profondamente con il volgere del nuovo secolo.
Superata la crisi politico-sociale di fine ‘800, la lunga opera di governo di Giovanni Giolitti accompagna il primo “decollo industriale” italiano.
Al generale incremento dei livelli di scolarizzazione, fa riscontro una spiccata crescita quantitativa e qualitativa dell’istruzione secondaria tecnico-professionale.
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Mentre la crescita di scuole e istituti tecnici era stata più lenta di quella dei licei, tra il 1897 e il 1912 la situazione si ribalta: gli iscritti alle scuole medie tecniche passano da 50 a 120 mila, superando di diecimila unità coloro che compiono studi classici.
Superata la scomparsa dell’ideatore della scuola (28 febbraio 1898), l’istituto tocca nel 1903 i venticinque anni di vita, durante i quali ha diplomato 370 periti.
Nello stesso periodo comincia il lavoro di ridefinizione degli ordinamenti della scuola fondata da Rossi, parallela a quella in atto nel sistema scolastico nazionale.
Essa riconosce le scuole istituite per regio decreto come istituti pubblici dotati di autonomia didattica.
In attuazione di questa legge, la Scuola industriale di Vicenza elabora un nuovo ordinamento, con l’approvazione del quale da parte del Ministero assume la denominazione di Regio Istituto Industriale Nazionale “Alessandro Rossi”.
I nuovi iscritti del decennio 1901-1911 ammontano complessivamente a 607: di questi 117 provengono da Vicenza (il 19,3%), 120 (19,7%) dal resto del Veneto, 370 (60,9%) da fuori regione.
I 234 iscritti dell’a.s. 1910-11 si suddividono nelle quattro classi del corso normale e in quella del corso di applicazione, in cui i periti “elettro-meccanici” divengono “capotecnici”.
Delle 51 ore settimanali di lezione, 20-21 sono dedicate all’officina, che distingue nettamente il “Rossi” da tutte le altre scuole.

La conversione durante la guerra
Sul piano economico la Prima guerra mondiale rappresenta il banco di prova del grado di sviluppo raggiunto dal paese nel primo quindicennio del secolo.
Come le altre potenze impegnate nel conflitto, anche l’Italia costruisce un sistema di coordinamento delle risorse economiche, che fa capo al Ministero per la mobilitazione industriale.
Il Regio Istituto Rossi si vede affidare dalla Direzione tecnica dell’Aviazione militare di Torino la lavorazione di parti meccaniche di aeroplani, divenendo così fabbrica a tutti gli effetti.
Dopo Caporetto il Comitato regionale di Mobilitazione Industriale ordina la chiusura della scuola.
Per non interrompere le attività in corso, il Consiglio di Amministrazione dell’istituto decide il trasferimento provvisorio: le attrezzature del “Rossi” prendono la strada di Roma nel dicembre 1917, trovando collocazione nella Scuola commerciale femminile presso S. Maria Maggiore.
I corsi si riavviano nel gennaio 1918 con un ridotto numero di studenti, tanto che per soddisfare gli impegni con l’aeronautica la scuola appalta l’officina a una ditta esterna, la Pellizzari & figli di Arzignano di Giacomo Pellizzari, (diplomato al Rossi nel 1902), in seguito leader nel settore elettromeccanico.
Riaperti i corsi a Vicenza nell’anno scolastico 1919-20 con 321 iscritti, la scuola non abbandona la tendenza a misurarsi con innovazioni, allargando l’offerta sia verso la fascia formativa inferiore che superiore.
Dal 1920 si aggiunge al normale corso quinquennale per periti-meccanico elettricisti un corso serale per operai ed uno festivo per conduttori di caldaia a vapore.
I corsi serali si articolano successivamente nelle sezioni aggiustatori-attrezzisti, fabbri-fucinatori, tornitori, edili. Dal 1926 è annessa all’istituto una sezione di avviamento al lavoro.
Nel 1930 si istituiscono una sezione per Periti Radiotecnici e dei corsi di specializzazione pre-aeronautica, con le sezioni motoristi, montatori d’aeroplano, radio-telegrafisti.
Reparti e laboratori ITIS Rossi a Santa Corona
Nella seconda metà degli anni ’20 il corso normale dell’istituto ha una media di 400 iscritti annui e di circa 60 diplomati, mentre i corsi serali e festivi per lavoratori oscillano tra 220 e 490 iscritti.
- La popolazione studentesca complessiva nel 1924-1929 è in media di 745 iscritti all’anno.
- Il personale è costituito da 24 insegnanti, 27 tecnici, 6 amministrativi e 13 addetti ai servizi.
- I contributi ordinari degli enti assommano annualmente a 763 mila lire, il 72% proveniente dallo stato, il 27% da Provincia e Comune di Vicenza, l’1% dal Consiglio provinciale dell’economia.
Sui 1460 diplomati usciti dall’Istituto nei primi cinquanta anni di vita il 33% è capotecnico industriale, il 20% ha proseguito negli studi, il 18% è direttore tecnico di industria, il 10% ha ruoli tecnici nella pubblica amministrazione, l’8% è in prova presso industrie, l’1% esercita la libera professione di perito.
Solo l’1,5% dei diplomati svolge attività non legate all’industria. Il numero relativamente basso di diplomi (in media circa 30 all’anno) e l’alta realizzazione professionale indicano sia l’eccellente grado di preparazione fornito dalla scuola, sia il basso grado di scolarizzazione secondaria che ancora caratterizza il paese.
Dal 1943 la guerra fa sentire i suoi effetti anche su Vicenza, sottoposta a numerosi bombardamenti. Uno di questi centra in pieno la sede dell’Istituto a S. Corona, il 14 maggio 1944, distruggendo l’Aula Magna e alcuni laboratori.
Gli effetti del bombardamento sulla sede a Santa Corona, Vicenza:
ITIS Rossi nell’Italia dell’industrializzazione (1953-2008)
La ripresa del “Rossi” comincia abbastanza presto, in parallelo con l’eccezionale fase di sviluppo che caratterizza l’Italia appena compiuta la ricostruzione.
Tutti gli indici del periodo 1951-1963 mostrano livelli di crescita mai visti: reddito nazionale, investimenti, occupazione industriale e terziaria, schizzano verso l’alto, tanto da giustificare a pieno la definizione di “miracolo economico”.
Del pari straordinari sono i mutamenti sociali che accompagnano il boom economico: emigrazione, spopolamento delle campagne, urbanizzazione.
Al di là delle contraddizioni, nell’affermazione della società dei consumi convergono forti aspirazioni di progresso sociale: una tumultuosa spinta di massa, che presto si scarica sul sistema scolastico, la cui struttura (specie al livello secondario), è poco attrezzata a farvi fronte.
Analogo è l’andamento del Veneto, mentre la provincia di Vicenza presenta una più bassa incidenza dell’istruzione tecnica (43,7%), il ramo industriale vi pesa per il 43 %, rappresentando un quinto dell’intera secondaria superiore della provincia.
Questo risultato coincide con i 666 iscritti dell’Istituto Tecnico Industriale “Alessandro Rossi”, che, pur nelle difficoltà del dopoguerra, ha saputo riprendere le proprie attività.
Sempre più urgente è la questione della ristrettezza della sede di S. Corona. Abbandonato durante la guerra, il progetto per una nuova sede viene rilanciato dalla Provincia, cui si aggiungono la Camera di Commercio, moltissimi comuni, lo Stato.
Le cerimonie per il 75° dell’Istituto nel 1953, coincidono con la posa della prima pietra della nuova sede di Via Legione Gallieno.
Posa della prima pietra e inaugurazione della nuova sede

Sul finire degli anni ’50 lo sviluppo economico, l’evoluzione tecnologica nei comparti meccanico, elettrotecnico ed elettronico spingono non solo le nuove specializzazioni, ma anche i corsi ordinari dell’Istituto alla crescita.
L’inaugurazione della nuova sede, nell’anno scolastico 1963-64, coincide con un boom di iscrizioni, che superano (incluse le sedi staccate) le duemila unità.
Lo sforzo per soddisfare una domanda crescente si manifesta anche nell’istituzione dei corsi serali per lavoratori, avviati nel 1965 negli indirizzi di perito meccanico ed elettrotecnico.
Oltre a questi indirizzi tradizionali e a quello ormai trentennale di perito in radiotecnica (divenuto dal 1961 Telecomunicazioni), l’ITIS Rossi istituisce nel 1964 l’indirizzo di metallurgia.
Un’ulteriore innovazione si attua nel 1967, con l’inaugurazione di un corso biennale post diploma per la specializzazione subacquea di periti industriali.
Nel 1983, con il preside Livio Bernes, la scuola propone un progetto per la figura del perito in Telematica, che viene inglobato l’anno successivo nella sperimentazione nazionale “Ambra”.
Tale progetto entrerà nel 1994 negli ordinamenti come indirizzo di Elettronica e Telecomunicazioni.
Nel 1996 anche i corsi serali avviano la sperimentazione di un nuovo ordinamento il “Progetto Sirio”, che comporta una riorganizzazione di programmi, orari e didattica.
Dal 1998 il “Rossi” partecipa al nuovo indirizzo dei corsi post-diploma di formazione tecnica superiore.

Un museo di storia industriale degno di nota
Benché sommaria, la ricostruzione fin qui condotta del percorso dell’Istituto Tecnico Industriale Statale Rossi, è sufficiente per far emergere il legame che ha costantemente unito questa scuola al faticoso sviluppo dell’Italia industriale.
Ma è ancora più importante sottolineare che la vicenda avviata da Alessandro Rossi continua con un presente ricco e vuole avere un futuro lungo e fruttuoso.
Anche questa volta la comunità dell’Itis Alessandro Rossi, forte dei traguardi raggiunti, si propone una difficile sfida.
Ne fa parte il progetto “giorni della memoria”, quello del “Museo della scienza e della tecnica”, che il “Rossi” si candida ad ospitare e gestire.
Dopo aver composto le storie in una storia, gli sguardi fiduciosi, le divise solenni e le tute impolverate, i banchi di lavoro allineati, gli edifici squadrati, le pose d’ordinanza di insegnanti, presidi, autorità, permettono il percorso inverso: dalla storia dell’istituzione alle storie degli uomini.
Non dunque un repertorio di curiosità, ma il senso di un corpo reso vivo dai pezzi di vita donati dai tanti che lo hanno frequentato, ancora vitale per tutti quelli che lo frequentano.
Un invito ad andare avanti.
Prof. Roberto Monicchia
Ringraziamenti
In chiusura, ringrazio chi ha gentilmente contribuito alla realizzazione di questa informativa così ricca di riflessioni, immagini d’epoca e curiosità storiche.
Al Prof. Monicchia per la gentile concessione della sua opera letteraria, senza la quale non sarebbe stato possibile raccogliere dati e notizie precise sulla storia dell’Istituto.
Altrettanto preziosa è stata la pubblicazione degli archivi storici dell’amico collezionista Antonio Rossato e della biblioteca dell’Istituto Tecnico Industriale Statale A. Rossi.
Infine, per restare aggiornati sulle attività, le news e gli eventi legati all’Istituto, visitate il sito ufficiale al link:
Istituto Tecnico Industriale Statale A. Rossi